La pratica, spesso superficiale e talora irresponsabile, della “sostituibilità” dei medicinali in farmacia da parte del farmacista, legittimata e agevolata dalla norme vigenti, mette a rischio la salute dei pazienti.
Particolarmente esposti a tali conseguenze sono i pazienti con profilo di rischio di morbilità/mortalità aumentato (es. paziente con malattie cardiovascolari) e coloro che assumono farmaci a basso indice terapeutico (antiaritmici, antidepressivi, anticoagulanti, antiepilettici, neurolettici…).
E’ importante, al fine di garantire la qualità delle cure e un utilizzo appropriato della “risorsa farmaco”, che tutti gli operatori in campo medico-farmaceutico abbiano ben chiaro il significato di farmaco equivalente, quali devono essere i suoi requisiti di qualità (i farmaci equivalenti non sono tutti “uguali”), cosa esprime il concetto di bioequivalenza e quali sono i suoi limiti rispetto alla “equivalenza terapeutica”.
Garantire il principio fondamentale e universale della continuità terapeutica è un obiettivo primario del medico il cui unico interesse è il bene del paziente, che va sempre informato e responsabilizzato rispetto ad ogni scelta adottata.
A tale fine, indicare sempre il farmaco prescelto (Equivalente o Brand) e la “non sostituibilità” dello stesso è una regola di Buona Pratica Medica.
Scarica il documento: IJPC, Vol 7, No 2, 2017