Mai come in questi ultimi tempi si registra nel nostro Paese una “crisi di sistema”, con un progressivo de-finanziamento della sanità pubblica, contrapposto alla evidente difficoltà degli organismi politico-amministrativi nel pianificare e realizzare un progetto credibile di ammodernamento del SSN, che lo renda economicamente sostenibile preservandone al tempo stesso efficacia ed equità.
Stiamo assistendo viceversa ad una crescente burocratizzazione ed ingerenza della politica nella Sanità, tra agenzie regionali, commissari, manager, dirigenti e un ipertrofico apparato burocratico-amministrativo, che non solo distoglie risorse economiche e tempo dalle cure mediche, ma pretende di amministrare la sanità svuotando di autonomia la professione medica, limitandone la libertà di curare e assoggettandola ad algoritmi economicistici sulla base di una supposta “sostenibilità”.
La realtà è che si stanno sempre più riducendo i livelli reali di assistenza e fasce sempre più larghe di popolazione non accedono alle cure per difficoltà economiche, mettendo così a rischio uno dei diritti fondanti della nostra Costituzione e di una società civile: il diritto alla tutela della salute.
In questo scenario, la Medicina Generale sta vivendo a sua volta un momento particolarmente difficile.
Da un lato la disciplina deve difendersi dalla applicazione di modelli gestionali che, in controtendenza rispetto agli orientamenti governativi auspicati dall’OMS e da tutti gli Organismi di Politica Sanitaria Internazionale, tendono a marginalizzare la MG espropriandola del rapporto fiduciario con il cittadino portatore di cronicità e appaltando la gestione della cronicità stessa a soggetti “terzi” non sempre ben identificati, attraverso PDTA predefiniti a “costo fisso” (DRG territoriali) costruiti al di fuori della professione.
Un disastro annunciato. Specie in un paese in cui mai è stato normato e incentivato seriamente il comparto della “Sanità Integrativa” (Polizze e Mutue), come da anni sta avvenendo in altri paesi della sfera occidentale.
Dall’altro la disciplina deve decidere di ammodernarsi ed agire di conseguenza per affermare il suo ruolo di attore principale delle Cure Primarie e di garante per il cittadino.
L’esigenza di attribuire al MMG nuovi compiti e nuove competenze, ampliandone anche le capacità diagnostiche, e la necessità di dare definitivamente il via al processo di riorganizzazione e riqualificazione della sanità territoriale attraverso un forte indirizzo verso lo sviluppo di Forme Associative Complesse a crescente livello d’integrazione professionale (Aggregazioni Funzionali, UCCP-Unità Complesse Cure Primarie) deriva innanzitutto da considerazioni di carattere epidemiologico che riguardano l’attuale scenario sanitario italiano ed europeo.
Un MMG “oggi” ha in carico, nella popolazione assistita, circa il 6% di diabetici, il 35% di ipertesi, il 10% di pazienti con pregressi eventi cardiovascolari (IMA, ictus, interventi di rivascolarizzazione, arteriopatia aterosclerotica…) il 2% con scompenso cardiaco cronico; a questo si aggiunge la crescente incidenza di malattie respiratorie e BPCO (3° causa di morte in Italia), patologie oncologiche, malattie osteoarticolari degenerative, demenza senile, disturbi psichiatrici; non ultimo il problema dell’assistenza ai pazienti in fase terminale e delle cure palliative. Senza dimenticare la gestione delle patologie acute comuni e di quelle ad alto impatto sociale (epidemie influenzali). Il campo d’azione della MG è quindi vastissimo, molto più di quello vantano la gran parte delle specialità; si estende su tutti i campi della clinica e richiede capacità gestionali e relazionali di prim’ordine.
Le Cure Primarie devono evolvere rapidamente per consentire una nuova gestione del territorio, per fornire risposte adeguate alle mutate esigenze sanitarie dei cittadini e fornire percorsi di cura migliori e più appropriati, in particolare per la presa in carico globale del paziente cronico.
La medicina generale, partendo dai suoi punti di forza (capillarità, facilità di accesso, rapporto fiduciario, conoscenza del contesto, visione olistica…) deve quindi spostare in alto il proprio livello professionale abituandosi all’uso delle nuove tecnologie e della diagnostica di primo livello, investendo culturalmente sul proprio futuro, sia nella Formazione Specifica in Medicina Generale (il cui programma formativo andrà adeguato alle nuove esigenze professionali) che lungo l’intero percorso professionale.
Solo così la Medicina Generale potrà evitare l’emarginazione ed il rischio di estinzione; e sarà pronta per affrontare le sfide del prossimo futuro: attuare i principi della “medicina d’iniziativa” e dare avvio all’era della “medicina di prossimità”, a beneficio dei cittadini e a salvaguardia del SSN.